In Corso Italia, al piano terra della Cassa Rurale ed Artigiana, è custodito un tesoro: l’affresco delle Sibille risalente alla prima metà del XV secolo, riscoperto per caso a fine Ottocento in occasione di un restauro. Rappresenta cinque figure femminili, con un mistero. La prima raffigurerebbe la Sibilla Valuensis, la seconda la Sibilla Nicaulia o Tiburtina, la terza la Sibilla Portuensis o Libica, la quarta la Sibilla Eritrea, mentre l’identità della quinta, che indossa una corona peculiare e a differenza delle compagne volge lo sguardo all’esterno resta un enigma.
In Corso Italia, al piano terra della Cassa Rurale ed Artigiana, è custodito un tesoro: l’affresco delle Sibille risalente alla prima metà del XV secolo, riscoperto per caso a fine Ottocento in occasione di un restauro. Rappresenta cinque figure femminili, con un mistero. La prima raffigurerebbe la Sibilla Valuensis, la seconda la Sibilla Nicaulia o Tiburtina, la terza la Sibilla Portuensis o Libica, la quarta la Sibilla Eritrea, mentre l’identità della quinta, che indossa una corona peculiare e a differenza delle compagne volge lo sguardo all’esterno resta un enigma.
Una meravigliosa abitazione rivestita di affreschi lungo Corso Italia, un tempo dependance dell’albergo Aquila Nera di Gaetano Ghedina Tomàš. I suoi figli Luigi, Giuseppe e Angelo, invece di seguire le orme del padre, si diedero alla pittura e lasciarono alla comunità questo piccolo gioiello variopinto nel cuore di Cortina. Sulle sue pareti, i volti di alcuni grandi personaggi: Leonardo Da Vinci, Raffaello, Dürer, Tiziano, Michelangelo, Dante, Goethe, Shakespeare e – sorpresa – lo stesso Ghedina Tomàš. Compaiono, inoltre, le figure delle Arti e delle Scienze, delle quattro età dell’uomo e scene di vita ampezzana. Attira l’attenzione un pannello bianco: una sfida, lanciata dai fratelli Ghedina a chiunque volesse competere con il loro talento.
Una meravigliosa abitazione rivestita di affreschi lungo Corso Italia, un tempo dependance dell’albergo Aquila Nera di Gaetano Ghedina Tomàš. I suoi figli Luigi, Giuseppe e Angelo, invece di seguire le orme del padre, si diedero alla pittura e lasciarono alla comunità questo piccolo gioiello variopinto nel cuore di Cortina. Sulle sue pareti, i volti di alcuni grandi personaggi: Leonardo Da Vinci, Raffaello, Dürer, Tiziano, Michelangelo, Dante, Goethe, Shakespeare e – sorpresa – lo stesso Ghedina Tomàš. Compaiono, inoltre, le figure delle Arti e delle Scienze, delle quattro età dell’uomo e scene di vita ampezzana. Attira l’attenzione un pannello bianco: una sfida, lanciata dai fratelli Ghedina a chiunque volesse competere con il loro talento.
Eretto per volere del nobile Gianmaria De Zanna verso la fine del Seicento, è simile a una fortezza di dimensioni ridotte. La sua costruzione fu bloccata nel 1696, perché non conforme ai principi della costruzione ampezzana. Incendiato e bombardato dai francesi nel 1809, oggi ne restano le due torri, parte del muro di cinta e la chiesa dedicata alla Trinità
Eretto per volere del nobile Gianmaria De Zanna verso la fine del Seicento, è simile a una fortezza di dimensioni ridotte. La sua costruzione fu bloccata nel 1696, perché non conforme ai principi della costruzione ampezzana. Incendiato e bombardato dai francesi nel 1809, oggi ne restano le due torri, parte del muro di cinta e la chiesa dedicata alla Trinità
Dal centro di Cortina, procedendo lungo la SS 51 d’Alemagna e facendo poi una breve escursione a piedi sul sentiero 201, si arriva al sito dove un tempo s’ergeva il Castello di Botestàgno (o Potestagno). Rivolgendosi alle Guide Alpine, in inverno si può raggiungere anche con una ciaspolata. Della maestosa costruzione rimangono oggi solo alcuni resti, ma al di là del valore storico, merita una visita per la bellezza del panorama: da qui lo sguardo può spaziare sulla valle ampezzana lungo il corso del Boite, le curve dei prati, i profili dei Monti Pallidi. Secondo gli studiosi l’origine del castello oscilla tra il IX e il XII secolo. Nel tempo ebbe diversi proprietari: il Patriarca di Aquileia, la Repubblica di San Marco, Massimiliano d’Asburgo e, infine, gli ampezzani. Oggi il territorio è parte del Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo.
Dal centro di Cortina, procedendo lungo la SS 51 d’Alemagna e facendo poi una breve escursione a piedi sul sentiero 201, si arriva al sito dove un tempo s’ergeva il Castello di Botestàgno (o Potestagno). Rivolgendosi alle Guide Alpine, in inverno si può raggiungere anche con una ciaspolata. Della maestosa costruzione rimangono oggi solo alcuni resti, ma al di là del valore storico, merita una visita per la bellezza del panorama: da qui lo sguardo può spaziare sulla valle ampezzana lungo il corso del Boite, le curve dei prati, i profili dei Monti Pallidi. Secondo gli studiosi l’origine del castello oscilla tra il IX e il XII secolo. Nel tempo ebbe diversi proprietari: il Patriarca di Aquileia, la Repubblica di San Marco, Massimiliano d’Asburgo e, infine, gli ampezzani. Oggi il territorio è parte del Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo.
Lungo il semplice sentiero che porta alle Cascate di Fanes si erge il Ponte Alto sul Rio Travenanzes. Si narra che all’inizio del XV secolo nella valle di Marebbe vivesse il cavaliere Brack, famoso per le sue gesta eroiche. Egli si recava spesso a Cortina per far visita alla fidanzata che viveva nel Castello di Botestàgno, destando l’antipatia degli ampezzani e dei proprietari dei pascoli che attraversava a cavallo. Questi decisero di manomettere il ponte che attraversava per raggiungere la donna amata, ma Brack accortosi del tranello spronò il suo destriero che, con un incredibile balzo, superò l’ostacolo. Oggi dal Ponte Alto si può osservare l’impressionante canyon formato dai torrenti Travenanzes e Fanes oltre all’immagine della grandiosa impresa riprodotta in un quadro che, negli anni Trenta, si trovava nei pressi per ricordare questa storia sospesa tra leggenda e realtà.
Lungo il semplice sentiero che porta alle Cascate di Fanes si erge il Ponte Alto sul Rio Travenanzes. Si narra che all’inizio del XV secolo nella valle di Marebbe vivesse il cavaliere Brack, famoso per le sue gesta eroiche. Egli si recava spesso a Cortina per far visita alla fidanzata che viveva nel Castello di Botestàgno, destando l’antipatia degli ampezzani e dei proprietari dei pascoli che attraversava a cavallo. Questi decisero di manomettere il ponte che attraversava per raggiungere la donna amata, ma Brack accortosi del tranello spronò il suo destriero che, con un incredibile balzo, superò l’ostacolo. Oggi dal Ponte Alto si può osservare l’impressionante canyon formato dai torrenti Travenanzes e Fanes oltre all’immagine della grandiosa impresa riprodotta in un quadro che, negli anni Trenta, si trovava nei pressi per ricordare questa storia sospesa tra leggenda e realtà.
In centro, all’imbocco di Via della Difesa, ci si imbatte in uno degli edifici più caratteristici di Cortina: Casa Corazza. All’esterno un grande orologio scandisce le ore e ricorda la professione dei suoi proprietari originari: qui infatti c’era un laboratorio di riparazione e costruzione di orologi da parete. La scritta “Corazza Ampezzo”, che ancora oggi appare sul muro, si riferisce al soprannome dei “Dibetto”, famiglia di ampezzani specializzati prima nel forgiare corazze, poi come fabbri e infine come orologiai. Il poggiolo della casa termina con una piccola mano di legno: indica la vicina chiesa di San Francesco o il più lontano cimitero? A voi l’interpretazione.
In centro, all’imbocco di Via della Difesa, ci si imbatte in uno degli edifici più caratteristici di Cortina: Casa Corazza. All’esterno un grande orologio scandisce le ore e ricorda la professione dei suoi proprietari originari: qui infatti c’era un laboratorio di riparazione e costruzione di orologi da parete. La scritta “Corazza Ampezzo”, che ancora oggi appare sul muro, si riferisce al soprannome dei “Dibetto”, famiglia di ampezzani specializzati prima nel forgiare corazze, poi come fabbri e infine come orologiai. Il poggiolo della casa termina con una piccola mano di legno: indica la vicina chiesa di San Francesco o il più lontano cimitero? A voi l’interpretazione.
A Col Druscié a 1.778 m di quota, l’Osservatorio gestito dall’Associazione Astronomica Cortina ospita un telescopio telescopio Ritchey-Chretien da da 40 cm di diametro e uno Schmidt Cassegrain da 28 cm per l’osservazione visuale del profondo cielo, dei pianeti, della Luna e del Sole e per la ripresa di galassie alla ricerca di supernove, grazie al bassissimo inquinamento luminoso del luogo privilegiato. L’Osservatorio è raggiungibile con la cabinovia Freccia nel Cielo nella stagione estiva e invernale o con una breve passeggiata da Pié Tofana lungo il Sentiero dei Pianeti e il Sentiero dell’Universo.
A Col Druscié a 1.778 m di quota, l’Osservatorio gestito dall’Associazione Astronomica Cortina ospita un telescopio telescopio Ritchey-Chretien da da 40 cm di diametro e uno Schmidt Cassegrain da 28 cm per l’osservazione visuale del profondo cielo, dei pianeti, della Luna e del Sole e per la ripresa di galassie alla ricerca di supernove, grazie al bassissimo inquinamento luminoso del luogo privilegiato. L’Osservatorio è raggiungibile con la cabinovia Freccia nel Cielo nella stagione estiva e invernale o con una breve passeggiata da Pié Tofana lungo il Sentiero dei Pianeti e il Sentiero dell’Universo.
Nel museo intitolato al ricercatore ampezzano Rinaldo Zardini, una delle più ricche raccolte oggi esistenti di preziosi fossili del Triassico ritrovati nel territorio di Cortina narra la straordinaria avventura della vita dei mari tropicali da cui sono nate le Dolomiti. Megalodonti, gusci di invertebrati marini, coralli, spugne e fossili d’innumerevoli organismi sono testimoni concreti di un’epoca lontanissima in cui qui si estendeva un’immensa distesa di acqua marina. Il racconto dell’evoluzione geologica della valle ampezzana è arricchito anche da una sezione dedicata alla botanica.
Nel museo intitolato al ricercatore ampezzano Rinaldo Zardini, una delle più ricche raccolte oggi esistenti di preziosi fossili del Triassico ritrovati nel territorio di Cortina narra la straordinaria avventura della vita dei mari tropicali da cui sono nate le Dolomiti. Megalodonti, gusci di invertebrati marini, coralli, spugne e fossili d’innumerevoli organismi sono testimoni concreti di un’epoca lontanissima in cui qui si estendeva un’immensa distesa di acqua marina. Il racconto dell’evoluzione geologica della valle ampezzana è arricchito anche da una sezione dedicata alla botanica.
Una delle collezioni d’arte moderna più importanti in Italia, con dipinti e sculture dei maggiori esponenti del Novecento italiano raccolti da Mario Rimoldi in vari decenni a partire dal 1923. Da segnalare 54 dipinti di Filippo de Pisis, 32 opere di Mario Sironi, 11 di De Chirico e 6 di Campigli. Tra gli altri artisti figurano: Carrà, Cesetti, Depero, Guidi, Guttuso, Martini, Morandi, Music, Rosai, Sassu, Savinio, Semeghini, Severini, Soffici, Tomea, Tosi, Vedova e molti altri. Il Museo espone a rotazione le numerosissime opere della collezione, ma anche quadri provenienti da altri musei, esposizioni internazionali e mostre temporanee.
Una delle collezioni d’arte moderna più importanti in Italia, con dipinti e sculture dei maggiori esponenti del Novecento italiano raccolti da Mario Rimoldi in vari decenni a partire dal 1923. Da segnalare 54 dipinti di Filippo de Pisis, 32 opere di Mario Sironi, 11 di De Chirico e 6 di Campigli. Tra gli altri artisti figurano: Carrà, Cesetti, Depero, Guidi, Guttuso, Martini, Morandi, Music, Rosai, Sassu, Savinio, Semeghini, Severini, Soffici, Tomea, Tosi, Vedova e molti altri. Il Museo espone a rotazione le numerosissime opere della collezione, ma anche quadri provenienti da altri musei, esposizioni internazionali e mostre temporanee.
Per scoprire gli usi e i costumi di Cortina, un patrimonio culturale preservato assieme alla memoria delle sue origini, in una collezione che ripercorre la storia e la tradizione del luogo, dalla vita contadina a quella domestica, dal sentimento religioso all’espressione artistica della Valle d’Ampezzo. Qui si possono ammirare oggetti d’impiego quotidiano, antichi costumi della tradizione ampezzana, una fedele miniatura della tipica abitazione locale e pregiate opere artistiche locali in ferro battuto, filigrana, legno intarsiato ed ebano.
Per scoprire gli usi e i costumi di Cortina, un patrimonio culturale preservato assieme alla memoria delle sue origini, in una collezione che ripercorre la storia e la tradizione del luogo, dalla vita contadina a quella domestica, dal sentimento religioso all’espressione artistica della Valle d’Ampezzo. Qui si possono ammirare oggetti d’impiego quotidiano, antichi costumi della tradizione ampezzana, una fedele miniatura della tipica abitazione locale e pregiate opere artistiche locali in ferro battuto, filigrana, legno intarsiato ed ebano.
Raggiungibile in soli 3 minuti con la Funivia Lagazuoi, a 2.723 m di quota, ben 264 m² dedicati ad ogni forma di arte e cultura delle Dolomiti. Un centro espositivo e congressuale unico, costituito da 4 sale di cui una attrezzata per gruppi fino a 50 persone ideale per ospitare eventi, manifestazioni, meeting e incentive aziendali.
Raggiungibile in soli 3 minuti con la Funivia Lagazuoi, a 2.723 m di quota, ben 264 m² dedicati ad ogni forma di arte e cultura delle Dolomiti. Un centro espositivo e congressuale unico, costituito da 4 sale di cui una attrezzata per gruppi fino a 50 persone ideale per ospitare eventi, manifestazioni, meeting e incentive aziendali.
La permanente celebra la Tofana-Freccia nel Cielo, le Guide Alpine di Cortina e gli Scoiattoli: il connubio unico fra chi ha realizzato la Freccia nel Cielo, le cime che la ospitano e gli ampezzani. L’alpinismo si è evoluto ovviamente negli anni, ma le Guide di Cortina nate con il mitico Grohmann sono rimaste fra le più forti al mondo. Le Dolomiti sono da sempre un ambito terreno di conquista date le loro verticali asperità e l’alternarsi di camini, terrazze, ghiaioni e cime. L’alpinista che le ha scalate può davvero dire di essere passato attraverso le difficoltà per raggiungere le stelle: ecco perché Per aspera ad astra. La mostra, al piano superiore di Cima Tofana, è raggiungibile da Cortina con un viaggio spettacolare con la cabinovia e le due funivie.
La permanente celebra la Tofana-Freccia nel Cielo, le Guide Alpine di Cortina e gli Scoiattoli: il connubio unico fra chi ha realizzato la Freccia nel Cielo, le cime che la ospitano e gli ampezzani. L’alpinismo si è evoluto ovviamente negli anni, ma le Guide di Cortina nate con il mitico Grohmann sono rimaste fra le più forti al mondo. Le Dolomiti sono da sempre un ambito terreno di conquista date le loro verticali asperità e l’alternarsi di camini, terrazze, ghiaioni e cime. L’alpinista che le ha scalate può davvero dire di essere passato attraverso le difficoltà per raggiungere le stelle: ecco perché Per aspera ad astra. La mostra, al piano superiore di Cima Tofana, è raggiungibile da Cortina con un viaggio spettacolare con la cabinovia e le due funivie.
Tofana – Freccia nel Cielo, presso la stazione di monte della seggiovia Pian Ra Valles – Bus Tofana, ospita l’innovativo progetto di ricerca Rescue Permafrost. Nasce dalla consapevolezza che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia per gli ecosistemi montani e per gli stessi alpinisti. Si propone di prevenire o almeno rallentare il processo di scioglimento del permafrost. Rappresenta l’esempio concreto di come l’ingegno umano e l’innovazione tecnologica possano contribuire a mitigare nelle zone alpine gli effetti negativi causati dal surriscaldamento del pianeta. Il percorso dedicato, guidato da 12 pannelli didattici informativi, è percorribile a piedi con un’escursione panoramica di circa 50 minuti da Ra Valles.
Tofana – Freccia nel Cielo, presso la stazione di monte della seggiovia Pian Ra Valles – Bus Tofana, ospita l’innovativo progetto di ricerca Rescue Permafrost. Nasce dalla consapevolezza che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia per gli ecosistemi montani e per gli stessi alpinisti. Si propone di prevenire o almeno rallentare il processo di scioglimento del permafrost. Rappresenta l’esempio concreto di come l’ingegno umano e l’innovazione tecnologica possano contribuire a mitigare nelle zone alpine gli effetti negativi causati dal surriscaldamento del pianeta. Il percorso dedicato, guidato da 12 pannelli didattici informativi, è percorribile a piedi con un’escursione panoramica di circa 50 minuti da Ra Valles.
Una storia antica, che racconta delle diatribe tra sanvitesi ed ampezzani a causa di pascoli e terreni nella zona del Passo Giau, comprensorio stupendo, riparato dai freddi venti del nord, dove abbondano ruscelli e prati, vero paradiso per mandrie e pastori.
Una storia antica, che racconta delle diatribe tra sanvitesi ed ampezzani a causa di pascoli e terreni nella zona del Passo Giau, comprensorio stupendo, riparato dai freddi venti del nord, dove abbondano ruscelli e prati, vero paradiso per mandrie e pastori.
Sembra che i primi a pascolare il bestiame lassù fossero i sanvitesi, giunti attraverso forcella Ambrizzola e forcella Giau. Nel documento del 1331 un notaio stabilì che la conca di Giau apparteneva a San Vito di Cadore. Ma le diatribe si inaspriscono fino al 1752 quando fu stabilito che i sanvitesi potevano continuare a godere degli antichi diritti, purché costruissero a loro spese una marogna, ovvero una muraglia atta a impedire lo sconfinamento del proprio bestiame sui prati ampezzani, che doveva estendersi in lunghezza per circa 2 km, altezza 6 piedi, larghezza alla base 5, in alto 2, termine lavori entro 90 giorni.
Tutta la popolazione si impegnò al massimo nell’impresa e riuscì a completare nei tempi stabiliti la Muraglia di Giau, sentita come indispensabile per le generazioni future. Il costo dell’opera fu di oltre 13.000 lire oro, pari a quei tempi a 6.800 vacche.
In estate o in autunno risulta davvero interessante mettersi alla ricerca dei cippi e delle lapidi che scandiscono tale linea di demarcazione, contraddistinti da croci, leoni di San Marco e scudi asburgici. Queste testimonianze sono ancora presenti alla base della Torre Luisa, piccola guglia dolomitica che si erge sul versante orientale de Ra Gusela, al Becco della Muraglia di Giau, nei pressi della strada asfaltata e sulle pendici settentrionali dei Lastoni di Formin, sopra il lago di Ciou de ra Maza.
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